di Monica Zucchini
Sono qui per condividere con voi quello che ho scoperto sulla mia pelle durante il mio percorso di vita: cioè che “il male, spesso, non viene per nuocere”.
Un po’ forte come affermazione!?!
Vediamo di contestualizzarla.
Innanzitutto occorre chiarire cosa intendiamo per “Male”.
Male è il contrario del bene, non-desiderabile, oppure è inteso come il rifiuto di attuare il bene… ma capite che qui entrano in gioco le culture, i valori, l’epoca storica il contesto ecc. e, difficilmente, potremmo essere tutti d’accordo.
Dal punto di vista filosofico si afferma che il Male:
1) è radicato nella natura dell’individuo
2) è un castigo dell’ordine cosmico o della provvidenza per rendere migliori gli uomini…
Lasciando un attimo da parte la filosofia, proviamo a riflettere su quello che viene definito male fisico o psichico e quindi sulla nostra percezione del dolore e della sofferenza.
Nella nostra vita soffriamo con intensità e durata differenti: soffriamo quando non vogliamo qualcosa che c’è perché non ci piace o ci disturba, oppure quando abbiamo quello che vogliamo ma poi lo perdiamo o dura meno di quel che vorremmo; in poche parole soffriamo per rifiuto o attaccamento, che derivano dall’ignoranza sulla natura stessa dei fenomeni di questo universo:
l’impermanenza!
Tutto cambia fuori e dentro di noi, attimo dopo attimo, che lo si voglia o no, che se ne sia consapevoli o meno!
Per approfondire il tema consiglio un corso di meditazione Vipassana (visione profonda).
Proviamo quindi a concentrarci sul significato di male in senso fisico: è quello percepito dai sensi, dolore e sofferenza del corpo e della mente, in cui viene meno quella sensazione di benessere chiamata salute!
Tutti ambiamo a uno stato di benessere che soddisfi i nostri sensi e, in questa ricerca, compiamo eccessi che in realtà a lungo andare ci danneggiano, ma se non stiamo male, difficilmente cerchiamo il Bene, in genere ci accontentiamo; al contrario, se soffriamo, ci mettiamo a ricercare
ciò che ci potrebbe far stare meglio.
Un Maestro diceva: “perché il dolore non ti lascia dove sei!”
Ovvero: NON TI CONSENTE DI RIMANERE DOVE SEI IN MODO PASSIVO, SENZA CERCARE UN MODO PER USCIRNE.
Ovviamente possiamo, attraverso gli antidolorifici, spegnere le spie, mettere i coperchi e continuare tranquillamente a mantenere le nostre abitudini, ma se riusciamo a vedere quante possibilità di cambiamento ci apre l’esigenza di non restare nel dolore (se indagata) potremmo scoprire che sono straordinarie!
Il male (malessere, dolore, sofferenza) ha sempre uno scopo ben preciso: segnalare la presenza di una disarmonia nel corpo-mente, farci fermare (avete mai visto cosa fanno gli animali quando
stanno male? Per lo più si rifugiano da qualche parte per riposare), farci ascoltare e capire in modo esperienziale ciò che ci sta succedendo.
Infine, esso ci spinge a cambiare qualcosa, piccolo o grande che sia questo cambiamento, per uscire dallo stato in cui siamo.
Peccato che cambiare sia la cosa più difficile che possiamo chiedere a noi stessi!
Pensiamo a cosa può succedere quando chiediamo agli altri di cambiare o, ancor meglio, quando siamo convinti di poter cambiare gli altri a nostro uso e consumo e ci arrabbiamo quando questi non lo fanno! Ma avete mai pensato alla difficoltà che provate quando volete modificare una vostra abitudine? Quanto tempo e quanta determinazione occorre? È necessaria anche una buona motivazione che non faccia desistere al primo tentativo fallito!
Insomma, il dolore è sempre una buona motivazione! Ecco, quindi, in che senso vorrei dire che il male non viene per nuocere: il dolore costringe all’ascolto, guida verso una possibile comprensione della causa dei fenomeni.
Se anziché approfittare di questo stimolo per conoscerci meglio, deleghiamo ad altri e sopprimiamo i sintomi, abbiamo quantomeno perso una buona occasione per sperimentare conoscenza e saggezza che ci porterebbe a essere maggiormente responsabili verso noi stessi e gli altri.
Ascolto di se stessi, delle proprie sensazioni, recupero della fiducia nelle proprie percezioni e dei bisogni che il corpo e la mente ci segnalano. Recupero del senso di responsabilità verso il nostro star bene e star male, senza delegare ad altri il compito di dirci cosa sta succedendo e cosa è meglio per noi.
Noi però siamo abituati per cultura a delegare fin da piccoli.
Non ci insegnano ad ascoltarci ma semplicemente a rivolgerci al medico per ogni cosa dalla più piccola e banale a quelle, effettivamente, importanti.
Ho amici, medici di base, che mi raccontano di essere invasi da telefonate e richieste in cui basterebbe solo un po’ di buon senso e un po’ di pazienza e ascolto, ma nessuno ci educa a questo! Anzi, viene sollecitata la paura: stai attento, vai dal medico perché chissà cosa potrebbe essere!
È vero, la diagnosi è competenza del medico, ma occorre anche riconquistare quella piccola parte di auto-diagnosi istintiva che è legata a come percepiamo le cose che ci accadono.
Conoscersi significa porre attenzione ai dettagli e alle nostre reazioni: mangio quel determinato cibo e mi si gonfia la pancia, con l’altro mi viene l’orticaria, quando devo andare a mangiare da mia suocera mi viene mal di testa, se prendo freddo ai piedi poi mi viene il raffreddore, se c’è vento divento nervosa, con questo peggioro, con questo miglioro, ecc.
Il sintomo, può essere vissuto come il nemico da sopprimere, nascondere e combattere oppure come il linguaggio del corpo, la voce che ci dice dove il corpo, che è in continua ricostruzione e auto-cura, sta tentando di lavorare ma non ce la fa da solo!
È proprio su questo concetto che si basa l’intervento SHIATSU secondo la metodologia operativa studiata e proposta all’I.R.T.E., la scuola fondata dal Dr. Fabio Zagato.
Immaginate il nostro sistema energetico come una rete simile ai vasi sanguigni, spesso nei libri di M.T.C. non viene distinto il fluire del sangue dal fluire dell’energia: il primo è una sostanza materica mentre la seconda è invisibile e impalpabile ma produce effetti!
Fino a quando tutto fluisce tutto il sistema funziona. La disarmonia o il sintomo insorge quando il flusso si interrompe sia per accumulo e blocco sia per carenza e mancanza di energia.
Secondo la M.T.C. esistono 12 percorsi preferenziali delle energie che regolano il corpo/mente chiamati meridiani, quest’ultimi vengono suddivisi in coppie appartenenti a 5 movimenti di cui conoscete sicuramente il nome: Legno, Fuoco,Terra, Metallo, Acqua.
A questi movimenti ne appartengono di analoghi che collegano aspetti del macrocosmo e del microcosmo a queste specifiche energie che esistono solo in quanto facenti parte di un sistema dove tutto funziona… in funzione del sistema e non in maniera autonoma.
Quindi la cosa più importante quando affrontiamo dal punto di vista dello shiatsuka qualsiasi disarmonia energetica che produce sintomi, è conoscere, osservare e agire innanzitutto sull’intero sistema.
Se paragonassimo il nostro sistema energetico a un sistema di tubi idraulici, dovremmo accertarci per prima cosa se l’acqua può entrare e uscire dal sistema liberamente, senza intoppi, poi successivamente potremmo intervenire sulle perdite piuttosto che sulle ostruzioni che impediscono al flusso di scorrere continuo e costante mantenendo funzionante e nutrito l’intero sistema con l’energia richiamata a fluire liberamente.
Questo è ciò che facciamo: ascoltiamo il nostro Ricevente che racconta i suoi sintomi i quali vengono tradotti prontamente in disarmonie energetiche e, quando il quadro non è chiaro (cioè non
si riferisce a un solo movimento energetico, per esempio: Acqua), perché sono presenti analoghi di più movimenti (per esempio: compaiono sintomi sia di Legno sia di Terra sia di Acqua), diamo sostegno al sistema, fino a quando i sintomi migliorano e spariscono.
A volte però su un quadro di complessivo miglioramento e benessere riportato dall’utente, riemergono sintomi specifici appartenenti con chiarezza a un movimento energetico specifico… ecco che quando subentra questo quadro chiaro di valutazione energetica, lo shiatsuka può, come viene detto in gergo professionale, andare a sostegno del movimento coinvolto nella disarmonia, stimolando sempre come prima cosa l’intero sistema, magari in maniera meno estesa, poi intervenendo sulla coppia di meridiani con un lavoro dedicato e specifico volto a far migliorare il fluire dell’energia in quei specifici percorsi. Questo intervento permette all’intero sistema di superare lo scoglio momentaneo e di ritornare a funzionare al meglio alla continua ricerca della fluidità e dell’equilibrio.
Se non ci fosse il sintomo… noi non sapremmo come aiutare il sistema.
L’attività di auto guarigione del nostro ki (Energia complessiva che fluisce al nostro interno nel continuo tentativo di mantenerci in equilibrio e quindi in salute) manda in superficie sintomi che noi possiamo identificare secondo il quadro disarmonico collegato ai cinque movimenti dal disturbo più recente al disturbo più cronico e stratificato.
La nostra metodologia operativa prevede che l’utente venga intervistato, osservato dal punto di vista fisiognomico, venga ascoltato percettivamente sulle aree di diagnosi dorsali e addominali direttamente collegate agli organi e ai visceri del nostro corpo e valutato lungo il percorso dei meridiani.
I dati raccolti vengono poi organizzati in un asse che riporta negli anni tutte le crisi o i cronici che il sistema energetico dell’utente ha avuto, interpretati alla luce dei cinque movimenti energetici e dei suoi analoghi.
Sostenere il ricevente durante queste crisi del sistema di auto guarigione significa far scegliere al sistema stesso dove ha bisogno che noi interveniamo in sostegno perché lui da solo non ce la fa.
La cosa magica e stupefacente è che lavorando sul corpo con pressioni effettuate in armonia col respiro venga sollecitato sia l’aspetto corporeo sia quello mentale e che le persone acquisiscano mano a mano una grande capacità di ricollegarsi a se stessi, alle proprie sensazioni alle proprie emozioni a farsi domande e a percepire cosa è bene per loro senza che lo shiatsuka dica nulla. Noi infatti non siamo né medici né psicologi e conosciamo bene il nostro piano di intervento che è prettamente ENERGETICO, ciò non toglie che lavorando solo col contatto si riescano a ottenere
meravigliosi risultati su più piani.
Per onestà intellettuale va detto che se è vero che tutti, per qualsiasi sintomo, possono trovare benefici da una seduta di shiatsu, è altrettanto vero che rimangono nel percorso di trattamento e traggono i maggiori benefici quei soggetti che sono interessati a conoscersi, che sono curiosi di ascoltarsi e che a costo anche di sacrifici economici (purtroppo non siamo ancora convenzionati
con l’Asl!) non rinunciano più a prendere la propria vita nelle proprie mani.
Quindi per concludere…tenendo fede alla promessa iniziale…spero di avere instillato in voi almeno il dubbio di quella che è per me ormai una certezza: il male non viene quasi mai per nuocere, ma per insegnarci qualcosa su noi stessi e aprirci molte possibilità di migliorare la nostra vita in tutti i sensi.
Tratto dall’intervento di Monica Zucchini alla conferenza tenuta a Bologna
il 20 febbraio 2013, presso l’associazione “L’Albero di Pandalissa”.