Scuola Shiatsu IRTE

L’autunno, il talento del lasciar andare

di Diego Pedrazzoli

C’è un momento dell’anno in cui l’aria si fa più pungente.
Le temperature si abbassano, il sole non brucia più ma accarezza obliquo, il paesaggio si tinge di nuovi colori e le foglie si staccano senza fretta, come se il mondo intero stesse imparando a trasformarsi, a spogliarsi di ciò che è superfluo.

L’autunno è così: non ti travolge, ti accompagna.
Ti invita a rallentare, a guardarti dentro, a “raccogliere i frutti del proprio anno” valutando il raccolto sia in senso letterale che metaforico.  

È la stagione in cui la malinconia non è un difetto, ma una compagna silenziosa che ci ricorda il  senso della vita. 
Una tonalità emotiva che spinge verso una maggior consapevolezza di sé, che permette di rivivere il passato per dare un nuovo senso al presente e spingerci verso il futuro. E’ un sottofondo che ci ricorda che nulla resta uguale: la vita è un flusso costante, che prende e restituisce, che declina e si rigenera.

La pulizia sottile dell’autunno

Ogni stagione ha un suo carattere.
Quello dell’autunno è fatto di chiarezza e raccoglimento verso l’interno: la natura si spoglia e anche dentro di noi qualcosa chiede essenzialità.
Lo vedi negli alberi: mica fanno discussioni interminabili per decidere quali foglie tenere. Le lasciano andare e basta, con una naturalezza che noi umani potremmo solo invidiare.
Se provassimo a imitarli, forse smetteremmo di riempire l’armadio di cose che non mettiamo mai o la testa di pensieri che non servono.

L’autunno ci ricorda proprio questo: che lasciar andare è più naturale di quanto crediamo. Lo sanno bene gli alberi: dismettono le foglie oggi, per rinascere domani.

Perché proprio in autunno?

La medicina tradizionale cinese lega questa stagione al movimento metallo, elemento che custodisce l’energia di polmone e intestino crasso: il primo riceve e diffonde il respiro, il secondo raccoglie ed elimina ciò che non serve.
Insieme ci insegnano una lezione semplice ma radicale: vivere significa scambiare con l’esterno, trattenere ciò che è utile e liberarsi dell’inutile.
E quando questa esperienza si riflette dentro di noi, non riguarda più solo il corpo, ma diventa emozione e pensiero.
È qui che il metallo mostra la sua influenza: a lui appartengono l’introspezione, la malinconia, il bisogno di guardarsi dentro e anche la forza, a volte scomoda, degli automatismi che ci proteggono. Sono qualità preziose, ma vanno riconosciute: la malinconia può farsi memoria viva, l’introspezione può diventare chiarezza, gli automatismi possono smettere di bloccarci e trasformarsi in trampolini di crescita.

Profumi, respiri e confini

Il Metallo parla anche attraverso pelle, olfatto e sapori.

L’autunno lo senti prima nei polmoni che nella testa. Inspiri ed è più fresco, più nitido, quasi ti dica: “rilassati, non serve correre”. Espiri e pare che anche i pensieri pesanti trovino finalmente una via d’uscita.

La pelle, invece, diventa più sensibile: si secca, tira, si arrossa al primo soffio di vento. È un confine che ti ricorda che non sei separato dal mondo, anzi: lo tocchi e lui ti tocca. A volte si lamenta, è vero, ma solo per dirti: “abbi un po’ di cura di me, che sono il tuo primo margine”.

E poi c’è il naso, che in autunno fa gli straordinari. Basta l’odore di foglie bagnate o di camino acceso e sei subito catapultato in un ricordo: un pomeriggio d’infanzia, una passeggiata, una persona che non c’è più. L’olfatto non ha bisogno di biglietti da visita, va dritto all’anima.

Infine arriva lui, il piccante, con la sua botta di vitalità: zenzero, pepe, un pizzico di peperoncino. Riscalda, disperde,scalda il petto come se dicesse: “oh, ci sei? bene, vivi!”. E in quelle sere di novembre un po’ grigie, chi direbbe mai di no a una zuppa che pizzica e ti rimette in circolo?

Il Po: lo spirito dell’autunno

Dentro al nostro respiro vive un’essenza antica, che i cinesi chiamavano Po, lo Shen del Metallo. È la parte più istintiva di noi, quella che non ragiona troppo ma agisce, e spesso ci salva la pelle. È lui che ti fa tirare indietro la mano quando brucia, che ti fa scattare se ti senti in pericolo, che ti impedisce di rifare lo stesso movimento con cui sei caduto dalla bici la settimana prima. Automatismi di sopravvivenza: geniali, immediati, e quasi sempre preziosi.

Ma il Po non si limita a proteggerci. Ha un altro talento: sa prendere l’utile da ogni esperienza e trasformarlo in insegnamento. È grazie a lui se un errore ci insegna a fare meglio la volta dopo, o se da una delusione sappiamo riconoscere più chiaramente ciò che davvero ci nutre. Quando invece questo movimento si inceppa, restiamo impantanati: procrastiniamo, ripetiamo gli stessi errori, finiamo sempre per attrarre le stesse situazioni o persone che ci fanno male. È come se il Polmone non riuscisse a filtrare, lasciando tutto lì, grezzo, senza trasformarlo.

E c’è ancora un’altra sfumatura del Po, forse la più sottile: è lui che apre la porta all’introspezione. È la sua energia a spingerci a guardarci dentro, a osservare i nostri automatismi e le nostre emozioni con un occhio più lucido. Non un’analisi fredda e mentale, ma un ascolto che parte dal corpo e dal respiro, come un silenzio che diventa chiarezza.

Ecco perché l’autunno porta con sé il richiamo del Po: ci fa sentire quanto ogni esperienza, anche la più piccola, abbia qualcosa da insegnarci. È come un tappeto di foglie che scricchiola sotto i passi: ti ricorda che anche ciò che cade diventa nutrimento, e che portare verso l’interno non è un lusso, ma la base essenziale per rinascere.

Shiatsu: un tocco che respira con te

Lo shiatsu, in autunno, accompagna questo movimento di scambio e introspezione.
È un tocco che segue il ritmo del respiro, che sostiene il Polmone quando si contrae e libera l’Intestino Crasso quando trattiene troppo.
Muove un’energia sottile che scioglie le tensioni del torace e del diaframma, ridando ampiezza all’inspirazione e dolcezza all’espirazione.

Ma non agisce solo sul corpo: lo shiatsu apre anche uno spazio interiore, come se la pressione trasformasse il silenzio in ascolto. In quell’attimo la mente smette di correre, il respiro diventa più profondo e affiora la possibilità di guardarsi dentro senza paura, con la stessa naturalezza con cui un albero lascia cadere le sue foglie.

Chi lo riceve spesso se ne accorge subito: il corpo si alleggerisce, la testa smette di correre, il respiro diventa la via e lo spazio interno più ampio.
È in quel momento che il Po trova spazio per tornare a casa: l’energia si raccoglie, l’introspezione diventa più limpida, la malinconia si trasforma in memoria fertile. La pelle ritrova vitalità e il corpo intero riscopre la sua naturale capacità di scambio.

E per chi lo studia, lo shiatsu diventa un percorso di educazione al sentire: formare il tocco, allenare la presenza, imparare ad ascoltare il ritmo della vita in sé e negli altri. E’ questo allenamento silenzioso che, col tempo, trasforma un tocco in consapevolezza e una tecnica in via di crescita personale.

Il metallo nella mia vita

Non scrivo dell’autunno solo per teoria: l’energia del Metallo l’ho conosciuta sulla pelle, attraverso lutti e conseguenti crisi che mi hanno costretto a fermarmi.
Proprio allora ho incontrato lo shiatsu: mi ha aperto uno spazio di ascolto introspettivo che non conoscevo, aiutandomi a distinguere ciò che nutriva davvero la mia parte autentica.

La musica, in quel periodo, è stata un’alleata: alcune melodie o testi, intrise di malinconia e nostalgia, dicevano ciò che io non trovavo le parole per esprimere. Trasformavano il dolore in condivisione, la tristezza in forza silenziosa. 
Ho imparato che tristezza e malinconia, se accolte, possono diventare sostegni preziosi. Il primo istinto è scacciarle. Ma se le ascoltiamo, queste emozioni diventano preziose: non tolgono vita, la rendono più intima, autentica. Sono come un vento che pulisce l’aria dentro.

Ma anche che l’introspezione non è sempre un porto tranquillo: più scavavo, più la mente si aggrappava, incapace di mollare. Col tempo ho compreso che il vero lasciar andare non è un atto mentale, ma un’esperienza viva, sentita nel corpo e nel respiro.

Oggi sto imparando a rimettere in gioco questo equilibrio: guardare dentro senza chiudermi al mondo. Perché ciò che un tempo era utile, non è detto che lo sia per sempre.

L’ordine silenzioso dell’autunno

Alla fine, l’autunno ci lascia un insegnamento semplice: vivere non è accumulare, ma scegliere cosa trattenere e cosa lasciare andare.

Se riempi un armadio all’inverosimile non solo scoppia, ma alla fine non sai neanche più cosa indossare!
L’autunno ci ricorda anche che persino la tristezza può essere fertile, se la accogliamo senza paura. Che la vita respira dentro e fuori di noi, sempre, e che ogni respiro è un atto di comunione con il mondo.

Lo shiatsu, in questo, diventa un compagno silenziosoradica, accompagna, armonizza.
Non cancella la malinconia, la trasforma in uno spazio più ampio, in cui ritrovare lucidità, centratura, introspezione.

Un po’ come un albero che, spogliandosi, non perde sé stesso, ma prepara le radici per rinascere più forte.
E in fondo, per capirlo, non serve un trattato di filosofia: basta fermarsi, respirare e, durante quell’atto, accorgersi che anche dentro di noi succede qualcosa… il respiro diventa esperienza viva, ci riconsegna al corpo e ci apre a una percezione più intima e autentica di noi stessi, da cui nasce la chiarezza su ciò che è utile e ciò che è inutile: è il movimento del metallo, l’anima stessa dell’autunno, che ci guida.