Scuola Shiatsu IRTE

Parliamo degli insegnanti…

di Gianni Toselli

Accidenti,
ma che bello,
parliamo degli insegnanti… quindi aspettate, aspettate.

Sono prof, sì lo sono, per scelta.
Allora pesco dalle esperienze e ve ne racconto una, o anche due o tre. Per favore, non fuggite dall’articolo solo perché avete avuto in passato, o pensate di avere in futuro, un incontro non piacevole con un prof, un formatore, un educatore, un docente, una guida, un coach, un maestro… o uno che si spacciava per tutti questi, senza averne né la preparazione né la vocazione.

Tanto per iniziare, cito ancora una volta — come in un altro articolo — il postino del mio paese, tanti tanti anni fa, ahimé. Quando si metteva a chiacchierare per ore con mia nonna (la posta poteva aspettare) e alla fine diceva a lei e a me: “Ascolta me e fai quel che pare a te”.
Ed ancora: “Gianni, studia, studia pure, ma stai attento che mi diventi un cretino istruito”.
Sagge parole, davvero. Talmente sagge che non ho capito ancora fino in fondo cosa intendesse.

Centinaia invece i momenti in cui, pienamente immerso io sottoscritto in quello che stavo spiegando, uno studente stranamente composto alza convinto il braccio — e la mano alla fine del braccio, e la matita alla fine della mano attaccata a quel braccio — per poi ricevere un mio sguardo orgoglioso di approvazione al suo intervento e sentirsi nella possibilità di chiedere: “Posso andare in bagno?”.
Ed io cosa gli dico? Cosa rispondo?
Mica posso esprimere tutto quello che vorrei esprimere: io devo mostrare un esempio bilanciato, sono il prof, mica bruscolini. Io sono perfetto: non mangio, non bevo, non faccio la cacca (di conseguenza), non sbaglio e non dico parolacce. No, non le dico.

Ricordiamoci che l’insegnante insegna soprattutto se stesso.
Quindi cosa penso? Non ve lo dico.
Cosa faccio? Quello sì, ve lo dico. Gli chiedo una tabellina di quelle bastarde tipo 7×6 o 8×9: se risponde bene va in bagno, sennò no.
Ho constatato nel tempo un miglioramento delle conoscenze matematiche: alla fine le tabelline le imparano.
In alternativa — perché poi mi annoio — facciamo pari o dispari, o sasso-carta-forbice.
Invece il lunedì faccio un test: chiedo che facciano un saltello. Se lo fanno bene non vanno in bagno.
Perché? Come “perché”?
Perché chi ha la vescica piena il saltello lo fa, ma atterra con una riconoscibile smorfia di contraccolpo interna. Quindi se non fai smorfie convincenti e spontanee in bagno non ci vai, caro: perché potresti benissimo resistere, ma mi hai interrotto nell’estasi creativa.

Un’altra?
Ma sì, dai.
Allora vi racconto di quando Ahmed, studente pakistano diciassettenne in Italia da tre anni, mi corregge: “Prof, ma le S e le Z non si pronunciano così”, con la faccia stupita di quello a cui non tornano le cose. Ma come faccio a spiegargli che a noi di Bologna e dintorni le Z ce le estirpano alla nascita, le mutano in S e ce le reimpiantano? Diventa un aspetto di mutazione genetica, così è.

Vedete, insegnare poi è così: ci sta sì la materia, ma ci sta soprattutto la relazione.

Cosamenefregaame (scritto tutto attaccato) e soprattutto cosaservealui che mi sappia tutto sugli acciai oggi, e dopo la verifica abbia resettato tutto?
Quello che rimane non è la materia: è la relazione, è l’esperienza di uscita efficace dagli infiniti stress della vita.

Come lo leggiamo tutto questo in un articolo che sta in un sito di una scuola di shiatsu?
Ci inventiamo due voli pindarici in equilibrio su una buona dialettica o andiamo alla sostanza?
La seconda.

Dal punto di vista energetico, il processo relazionale dell’insegnamento si dice che è bidirezionale.

Lo capiamo individuando ciò che non lo è. Esempio: la rabbia è un’emozione e, di conseguenza, un’azione corporea che va dal nostro interno verso l’esterno: esplode ed investe l’altro, in modo a volte bilanciato e a volte no.
La tristezza invece va nel verso opposto: lo vedete lontano un chilometro quello triste, piegato su se stesso, rannicchiato nel tentativo di trattenere qualcosa che gli sta scivolando via.

Invece la relazione di insegnamento-apprendimento no: se si vuole che sia efficace deve prevedere una “emissione energetica”, fatta di parole, atteggiamenti, modulazioni, passione, che dal docente vada verso il discente.
Efficace solo se continuamente sostenuta da quello che si chiama un “buon fuoco”, ovvero un sostegno portante ed empatico.

Quando questa informazione arriva al discente (studente, ascoltatore…) sta a lui la fase di assimilazione, ripensamento, elaborazione critica, facendo proprio per esempio un concetto che sino a poco prima gli era estraneo.
Se ci pensate è esattamente come mangiare: ovvero introdurre qualcosa di nuovo (un maccherone al sugo), disgregarlo (masticandolo e digerendolo) e rimontarlo facendone qualcosa di nostro (io sono un maccherone trasformato).

La parte meravigliosa è che nell’insegnamento il processo continua con una restituzione, ovvero con un ritorno di informazioni dal discente al docente, attraverso sguardi, domande e assetto corporeo.
Allora il bravo docente, a sua volta, diventa un discente, ringraziando il destino che gli ha messo di fronte il più grande testone della storia, costringendo il docente stesso a imparare come migliorare il suo lavoro.

Ecco, con l’E-learning tutto questo non succede. Chissà perché, di tutti i corsi che seguiamo online, spesso ci rimane poco: soprattutto il docente che ha registrato rischia di andare in depressione per mancanza di flusso inverso.

Il movimento energetico cui appartiene l’energia di cui stiamo trattando è il movimento Terra, che in sintesi lo mettiamo qui

il prof

Gianni Toselli

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Movimento energetico: Terra

dallo yin allo yang e dallo yang allo yin

Organo: Milza (pi) di natura yin.

Viscere: Stomaco (wei) di natura yang.

Attitudine: discernere e inviare.

Movimento del Qi: a prendere, ad abbracciare.

Ciclo di massima energia

• Stomaco                  7.00 9.00

• Milza Pancreas 9.00 11.00

Elemento: Terra.

Evoluzione: trasformazione.

Attitudine mentale : capacità di elaborazione, pensiero logico-razionale.

Sentimento: riflessione.

Espressione: canto.

Stagione: mezza estate.

Energia: umido.

Colore: giallo.

Sapore: dolce.

Odore: fragrante.

Organo di senso: gusto.

Tessuti: tessuti connettivi.

Atteggiamento posturale

• Piedi bene piantati a terra; 

• gesti lenti, appena abbozzati; 

• lineamenti pesanti che tendono ad afflosciarsi; 

• voce cantilenante o monocorde;

Organo: Milza (M).

Shen ospitato: yi 

Nella Milza e’ ospitato lo yi, che è il quarto shen a comparire nell’embrione.

Lo yi  è rappresentato da due ideogrammi sovrapposti di cui quello inferiore indica il cuore, mentre quello superiore indica il suono, inteso come vibrazione permeata dalle forze del Cielo.  Schatz  non a caso parla dello yi come della “musica del cuore”. 

Lo yi è collegato alla memoria, alla riflessione, alla capacità di trasmettere i contenuti interni all’esterno, traducendo i propri intenti in idee e comportamenti coerenti e comprensibili agli altri. Per converso permette  di metabolizzare i “corpi estranei” (pensieri, parole, azioni) che giungono dall’esterno traducendoli in materiale comprensibile ed utilizzabile all’interno. 

Tratto da “Trattato professionale di shiatsu. Metodo progressivo: teoria e pratica. Nuova ediz.” del dott. Fabio Zagato, edizioni RED