Scuola Shiatsu IRTE

L’estate, un tocco sul cuore.

di Diego Pedrazzoli

Ci sono estati che si ricordano per sempre.
Quelle con le cicale assordanti, le granite a volte troppo dolci, la sabbia che rimane ovunque (sì, anche nei posti più impensabili), e quella sensazione un po’ svuotata e un po’ piena di…Vita.

L’estate ci spalanca, letteralmente.
I vestiti si fanno più leggeri, le finestre più aperte, i pensieri più vaghi. 

Il sole ti sveglia prima del dovuto, il caldo ti abbraccia anche quando non hai chiesto coccole, e ogni giornata sembra spingerti a sentire di più: più luce, più sapori, più emozioni, più esperienze.
È la stagione in cui la vita ti prende per mano e dice: “Dai, usciamo”.

Dove batte l’estate.

L’estate si sente sulla pelle.
Ci tocca, anche quando non siamo pronti. Tocca il nostro ritmo, l’umore, le relazioni. 

Tocca anche il cuore, se ci pensi. Basta un tramonto, un incontro, una canzone di quelle che “non ascoltavo da anni” per sentirsi, all’improvviso, vulnerabili e pieni.

L’estate è così: non bussa, entra. E quando lo fa, porta con sé l’idea che bisogna vivere tutto, subito… e magari anche fotografarlo perbene.

Poi c’è anche un’estate più intima.
Quella dei pomeriggi sospesi, in cui il tempo si allunga come un’ombra lenta e i pensieri si srotolano piano, come un telo steso al sole.
È l’estate in cui fuori sembra non succedere niente, ma dentro succede tutto.
Dove un respiro profondo non serve a calmarsi, ma a riconoscersi.

Quella dei pomeriggi lenti, in cui l’unico impegno è girare il cuscino dal lato fresco e aspettare che l’anguria sia al punto giusto.
I pensieri rallentano, le conversazioni si accorciano e il tempo si sdraia con noi sul divano o su un telo, sudato e sereno.

Ed è lì, tra un “che caldo” e un respiro lungo come il pomeriggio, che cominciano ad affiorare certe sensazioni sottili.
Qualcosa si muove nella pancia…o forse nel petto.
Perché, diciamolo, l’estate è anche la stagione degli sguardi che si trattengono qualche secondo in più, dei battiti che accelerano senza un motivo preciso.
E guarda caso, tutto questo succede proprio lì: al centro del petto.

Coincidenza? Mica tanto.
Perché quando si parla d’estate, prima o poi si arriva sempre lì: al cuore.
Quello che batte forte per una canzone, per una persona, o per il semplice fatto che oggi ci sentiamo un po’ più vivi del solito.
E allora viene spontaneo chiedersi: che cosa racconta davvero il cuore, in estate?

Quando l’estate parla in cinese (tradizionale).

Se chiedessimo alle medicine tradizionali cinesi (MTC) di parlarci dell’estate, non ci racconterebbero di spiagge affollate e gelati artigianali.
Direbbero qualcosa tipo: “L’estate è il regno del Fuoco.”

E no, non nel senso di barbecue e zanzare, o di fuoco che brucia le spalle sotto il sole, ma quello che scalda l’animoapre alla relazioneespande l’energiaaccende il cuore.

Il Fuoco è il movimento energetico più aperto e luminoso che ci sia, quello che va dallo yang allo yang, dal massimo della luce al massimo dell’attività. È l’energia che ci fa ridere di gusto, ci apre, ci connette, ci fa amare.

Per le MTC, questo Fuoco è così intenso da avere due volti, due modi di brillare insieme.

C’è il Fuoco Imperiale, quello “regale”, che abita nel Cuore e nel suo compagno, l’Intestino Tenue.
È il fuoco della presenza silenziosa, dell’azione senza azione: la capacità di essere presenti, lucidi, centrati, senza forzare. 

L’energia qui si muove come un’espansione senza confini, come una risata che nasce dal petto che libera e connette.

L’Intestino Tenue, a modo suo, fa da consigliere: separa ciò che è utile da ciò che non serve. Ciò che è puro da ciò che è impuro. 
E lo fa non solo nel cibo, ma anche nei pensieri, nelle emozioni, nei legami.
È lui che ci aiuta a discernere, a scegliere cosa tenere o “assorbire intimamente”.

Poi c’è il Fuoco Ministro, più discreto ma fondamentale.
Vive nel Maestro (ministro) del Cuore, che ci permette di entrare in connessione ed empatia, e nel Triplice Riscaldatore, che distribuisce calore, organizza gli scambi, armonizza i piani del corpo.
È il fuoco che dosa, che protegge, che regola il contatto con l’altro — senza bruciare

Qui l’energia si espande in modo più controllato, come quando dosiamo il calore per non scottarci. È la parte che ci aiuta ad adattarci, a entrare in relazione, a trovare il giusto equilibrio tra apertura e protezione.

L’estate è il tempo della gioia, dell’intuizione, dell’empatia, del contatto vivo con l’altro.
Non a caso, il senso associato all’elemento/movimento Fuoco è il tatto, e il suo tessuto è il sangue e i vasi sanguigni: tutto ciò che circola, che pulsa, che collega e nutre.
Il Cuore, nelle MTC, si esprime nella lingua: parlare diventa un’espressione diretta del cuore, del sentore, per l’appunto.

I colori sono il rosso (fuoco imperiale) e l’arancione (fuoco ministro), il sapore l’amaro (ma quello buono, che purifica), e l’odore… bruciato. Che poi è lo stesso profumo che rimane sulle mani dopo una serata intorno a un fuoco vero.

Che cos’è lo Shen?

Quando il Fuoco è in equilibrio, ci fa ridere (sì, la risata è la sua espressione naturale), ci rende aperti, vivi, capaci di entrare in contatto — con noi stessi e con gli altri.
Ma quando la fiamma sale troppo, quando tutto si muove troppo in fretta e l’estate brucia invece di scaldare… qualcosa si agita dentro e lo Shen “perde la sua dimora”.

Ma cos’è, davvero, questo Shen?

Lo Shen, secondo le MTC, è l’aspetto più sottile e luminoso dell’energia vitale: la coscienza più sottile, quella che sente, osserva, comprende, si relaziona
Ha sede nel Cuore, che non è solo un organo fisico, una pompa, ma il centro della nostra presenza e vitalità interiore.
È lo spirito, il soffio che guida l’individuo a vivere pienamente la propria vita. Dà la direzione della vita! 

Non è un pensiero, non è un’emozione: è la presenza viva che tiene insieme tutto questo.

Quando lo Shen è sereno, ci sentiamo lucidi, centrati, capaci di scegliere con chiarezza e di entrare in relazione con autenticità.
Quando invece si agita o si disperde, perdiamo il filo: ci sentiamo confusi, inquieti, agitati… anche senza sapere bene il perché.

Per stare bene, lo Shen ha bisogno di un corpo che lo accolga, e di un Sangue che lo nutra e lo tenga ancorato.
Senza questo radicamento, fluttua, si spegne, si frammenta.
E allora ci sentiamo vuoti, stanchi, sbilanciati, come se mancasse qualcosa al centro di noi.

Shiatsu: un tocco che parla al cuore (senza bisogno di parole).

Quando lo Shen si agita, quando ci sentiamo fuori asse, spaesati, sfilacciati, sofferenti… è lì che lo shiatsu può fare la sua parte.

Non è un massaggio, e nemmeno una tecnica da eseguire.
È un’arte del contatto, una pratica di ascolto profondo attraverso il corpo.
Un modo per parlare senza parole, usando la pressione come linguaggio, la presenza come intenzione.

Lo shiatsu è agito con la pressionecerto, ma più ancora con la presenza: quella che accoglie, che non giudica, che resta.
E quando questa presenza è autentica, qualcosa dentro si rilassa, si riorganizza, si raccoglie.

Lo Shiatsu aiuta lo Shen a tornare a casa: a rientrare nel Cuore, a calmarsi, a ritrovare coerenza.
E con lui, tutto il resto si ricompone.

Non stiamo parlando solo dello Shen del Cuore, inteso come spirito o consapevolezza, ma di quello che potremmo chiamare Shen centrale — la coscienza più profonda, che raccoglie e armonizza tutti gli altri aspetti interiori dell’essere umano, anche quelli che appartengono agli organi.

È un punto vivo dentro di noi, dove pensieri, emozioni, intuizioni e volontà si incontrano, si ascoltano, si tengono per mano, trovano direzione.

Quando questo centro è allineato, ci sentiamo interi, presenti, radicati.
E anche se fuori tutto continua a muoversi, dentro qualcosa resta fermo.

A volte basta un appoggio sull’addome, una pressione sul dorso, un respiro condiviso.
Non serve spiegarlo: lo senti.
Il corpo lo riconosce, il respiro cambia, il cuore si sistema.

E se fuori il Qi (l’energia) si espande troppo — come spesso accade d’estate, o in certi momenti della vita — il tocco dello shiatsu rimette i confini, restituisce ritmo, senso, direzione.
Raccorda corpo e mente, armonizza entusiasmo e quiete, introspezione e apertura, radica il sentire.

Per chi lo riceve, è un’esperienza semplice ma profonda: si sente il corpo, si sente il respiro, si sente il cuore che torna al suo posto.
Per chi lo studia — magari proprio in una scuola di shiatsu — è qualcosa di più:
un percorso che forma il tocco, la percezione, ma anche lo sguardo, la qualità della relazione, l’attenzione alla vita.

E forse è questo che serve davvero, in estate (e non solo!): qualcosa che ci tocchi, sì, ma in modo autentico, presente.
Qualcosa che scaldi, 
senza bruciareQualcosa che ci apra al sentire, restando ben radicati.

Quel che resta dopo l’estate.

L’estate, alla fine, passa.
Le giornate si accorciano, le cicale smettono di cantare, il telo si ripiega, e si torna a chiudere le finestre la sera.
Ma quello che ha toccato il cuore, resta.

Resta la memoria di certi battiti.
Resta quel senso di apertura, di leggerezza, di contatto.
Resta, se lo vogliamo, anche la possibilità di continuare ad ascoltarci — non solo quando il sole splende, ma anche quando le cose rallentano, si spengono, si raccolgono.

Lo shiatsu, in questo, è un po’come l’estate: non ti chiede di capire, ti invita a sentire.
Non forza, non spiega, non pretende.
Ma accende, scalda, orientaRiporta al centro, sempre!

Così, anche quando l’estate svanisce, il suo tocco resta.
Silenzioso, ma vivo. Lì, al centro del petto.