Scuola Shiatsu IRTE

Il vento mi dà fastidio.

di Gianni Toselli

Vi racconto un episodio.

Dove: dal meccanico.
Quando: un pomeriggio di primavera, potrebbe essere stato il 10 aprile 2023,
Tra chi: Gianni (l’autore di questo articolo) e Aldo (l’ex partecipante ad una conferenza divulgativa sullo shiatsu di qualche anno prima), incontrato per caso.
Una storia vera? No, questa no, ma potrebbero esserlo.
In che situazione? in attesa entrambi di ritirare l’auto.

Aldo: “Si Gianni, te lo confermo proprio, queste giornate ventose di primavera mi infastidiscono! Per non dire di peggio! Non so più dove mettermi, sento il vento addosso anche se non lo sento cioè, voglio dire, anche se sono in casa con la tv a manetta lo sento sulla pelle, mi infastidisce, mi dà quella irritazione che nemmeno mia figlia riesce a farmi venire!”

Gianni: “In che senso?” .
Aldo: “Nel senso che mia figlia ha 2 anni, lo so che i bambini sono così, ma in questo periodo ho proprio il livello di sopportazione basso, basta un niente e mi saltano i nervi.”

Gianni: “Ah!”
Aldo: “Come ah? In che senso “ah”? “Ah” con “A + h”, o “a” e basta? Lo sai che io poi sono un preciso! Ma tu Gianni non sei quello che fa lo shiatsu? Non è quella roba che metti le mani dove uno ha fastidio e gli passa tutto? Non sei quello che con l’energia ci fa quello che vuole? Ecco, vorrei che la mia energia si sistemasse: sono stanco, tanto stanco, la figlia, le preoccupazioni della vita, la moglie, ecco, anche lì…(momento di silenzio con lo sguardo fisso nel vuoto, poi riprende quasi balbettando) eh si, insomma…

Gianni pensa che ci sarebbe sicuramente da chiarire che una tecnica che “ti metto le mani lì e passa tutto” non risulta ancora esistere a questo mondo, altrimenti staremmo tutti noiosamente bene.

Gianni: “Stavolta non ho capito”.
Aldo: “Eh, si, insomma…”

(altro momento di silenzio con lo sguardo fisso nel vuoto, più o meno nello stesso punto di prima, nell’angolo dell’officina a fianco del quadro elettrico, proprio dove c’è quel poster che solo i meccanici sanno come procurarsi, superando i controlli della buoncostume).

Prosegue Aldo: “Eh cavolo sei un uomo anche tu dai, lo sai poi che cosa succede ad un uomo quando non sta bene, ne avrai sentite tante di storie così.”

Gianni resta in silenzio, che a volte fa più di tante parole, comunque giusto il tempo di un attimo, più o meno il tempo di decadimento di una particella subatomica, e subito Aldo riparte: “Comunque glielo ho detto sai, così lo capisce, oh!”

Gianni: “Detto cosa? A chi?”

Aldo: “Eh glielo ho detto al mio capo che se non mi dà l’aumento e la responsabilità dell’ufficio poi me ne vado, lo sa bene lui quanto conta per noi uomini la posizione gerarchica, conta eccome! Più dei soldi! Io invece sempre lì e poi ecco lo vedi, basta uno spiffero di vento e mi si muove il mondo, stavo tutto pronto ad esplodere”.
Gianni: “Eh lo vedo”.
Aldo: “Oh Gianni, ma che scatole!” (il termine in realtà era un altro, ed esprimeva un interessante legame tra parti del corpo maschile e le emozioni di irritazione/rabbia, ma è stato sostituito in sede di revisione testo) “Comunque, vabbè, almeno tu mi ascolti, mica una roba da poco sai, perché uno fa il grosso, fa il sicuro, ma quanto aiuta essere ascoltati, poter tirare fuori le cose, senza giudizio e senza interruzioni: mica ce l’ho io questa fortuna! Ad ogni modo ecco vedi? Già sto meglio solo a parlarne. Ma da cosa eravamo partiti?”

Gianni: “Sempre dal vento”.

Aldo: “Ah sì ecco, il vento, il vento! Che poi lo vedo io, ognuno è fatto a modo proprio. C’è chi gli dà fastidio, chi non se ne accorge, a chi invece piace, come a mio suocero, lui dice che il vento di primavera gli rappresenta il nuovo, la crescita, il tirare fuori la testa ed affacciarsi a nuove cose, a mettere in pratica le idee. Dice delle cose che mi sembra di sentire te o uno dei tuoi colleghi che studiano lo shiatsu. Beh, a me no, a me irrita, che faccio allora? Cosa ci posso fare?”

Gianni: “Ma tu cosa pensi possa farti bene?”
Aldo: “Bella domanda, ma proprio bella domanda sai, mi dai dei suggerimenti?”
Gianni: “Veramente l’ho chiesto a te”!
Aldo: “Guarda, la soluzione io ce l’ho! Basterebbe che mi prendessi il tempo di stare fermo, smettendo di correre e correre sempre, che mi prendessi il tempo di ascoltarmi, quello mi servirebbe! Ci ho messo un po’, ma l’ho capito, che se ci prendiamo tempo e modo e aiuto per ascoltare le nostre sensazioni, quelle fisiche e quelle mentali, poi gli spunti per stare meglio escono da sé: la consapevolezza è una grande risorsa l’ho capito da poco.”(intanto arriva dall’ufficio una voce che lo chiama) “Ah ecco, la macchina è pronta, ciao Gianni ci vediamo allora al prossimo cambio di gomme, magari
allora parleremo dell’autunno.”


Nota finale dell’autore.
Ho cercato di spiegare alcuni concetti relativi alla filosofia orientale, non attraverso una enunciazione astratta di teoria, ma con l’aiuto di un possibile e plausibile scenario.
Per capire meglio: creiamo un contenitore, una scatola da riempire che definiamo “movimento energetico”. Poi questo contenitore lo chiameremo “legno”, non il materiale morto del tavolo della cucina, ma legno inteso come simbologia di crescita del germoglio dell’albero e della pianta.
Poi fissiamo la regola che dentro il contenitore ci mettiamo tutti quei fenomeni propri della natura e dell’uomo, fisici e non fisici, che sono proprio come il germoglio, ovvero caratterizzati dall’andare dal nascosto al visibile, dal basso verso l’altro, dal dentro al fuori.
Ribadisco che del legno non prendiamo il materiale, ma il concetto che il termine rappresenta.

Definizione ancora astratte? Vediamo se prendono significato quando ci mettiamo dentro elementi che ho disseminato nel testo:

  • la primavera, stagione in cui l’energia si muove dallo yin allo yang (si manifesta, esce dall’interno e dal profondo per andare verso l’esterno e verso l’alto);
  • il vento, che è della primavera “l’energia cosmica”;
  • la rabbia, intesa sicuramente come irritazione, ma anche come grinta, decisionalità, potenza nella realizzazione pratica delle intenzioni;
  • la sessualità, nella sua parte più fisica;
  • una certa irrefrenabilità a parlare, un po’ come fanno gli adolescenti, che vivono la primavera della vita.

Adesso provate voi a fare l’esercizio di consapevolezza: cosa vi porta e come vi fa stare la primavera?

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