Parlare di Shiatsu oggi assume connotati sempre più nuovi e originali rispetto a quanto troviamo nei testi classici su cui tutti noi operatori abbiamo studiato, seppur questi rimangano fondamentali ed i tratti peculiari e distintivi della nostra disciplina rimangano gli stessi.
Oggi risulta non più sufficiente parlare di meridiani o di energia perché si rende necessaria un’operazione ancor più urgente: calare lo Shiatsu nel contesto (intendendolo nell’accezione più ampia possibile). Occorre farlo adesso, molto più di prima, perché proprio adesso si stanno palesando delle visioni sempre più complesse ed integrate del concetto di salute e dei relativi processi di cura (nell’accezione sociologica del termine quindi e non solo sanitaria), che ci assomigliano. C’è bisogno dunque di cominciare a comprendere sempre meglio le potenzialità di questa arte così da poterle mettere al servizio di queste nuove visioni.
Questo breve articolo vuole provare a fornire quindi elementi utili a questa comprensione esplorando una definizione dello Shiatsu che ho maturato in occasione della stesura di un libro sulle discipline corporee in ambito PNEI[1], nato proprio con l’obiettivo di coniugare più discipline in un’ottica comune, quella appunto della psiconeuroendocrinoimmunologia, che in estrema sintesi traduce, nel linguaggio scientifico, il nodo gordiano del corpo-mente.
La definizione: lo Shiatsu è una “disciplina corporea manuale”, laica e non sanitaria, che si preoccupa di promuovere e qualificare la qualità della vita dell’individuo nel suo complesso, inteso cioè come sistema vivente in continuo divenire e in costante relazione con l’ambiente. Il corpus dei saperi di riferimento deriva dalle maggiori tradizioni orientali, in particolare quella giapponese, ma essendo fortemente fondata sull’esperienza percettiva, ha il pregio di adattarsi all’essere umano che è in continua evoluzione. Agisce attraverso pressioni su precise zone del corpo che, a seconda dello stile di riferimento, sono state associate a tutte le funzioni psico-fisiche dell’essere umano, verso il quale ha un approccio sistemico e non lineare, con l’obiettivo di sostenerne il continuo processo autopoietico di ribilanciamento.
L’operatore shiatsu è chiamato quindi a stimolare e a sviluppare le proprie capacità intuitive e percettive, seppur tradotte, grazie ai saperi, in metodiche pragmatiche atte a rispettare l’originalità di ogni singola persona e ad accoglierne i relativi bisogni.
Il successo dello Shiatsu si è costruito nei decenni sull’efficacia più che sull’evidenza[2] (corsivo mio).
Analizziamola adesso nel dettaglio.
“Lo Shiatsu è una disciplina corporea manuale”, fondamentale è quindi la mediazione corporea, “laica”, cioè neutra rispetto a specifiche religioni, filosofie o scienze, pertanto aperta al dialogo, “e non sanitaria” (per questo disciplinata dalla L. 4/2013), “che si preoccupa di promuovere e qualificare la qualità della vita dell’individuo nel suo complesso, inteso cioè come sistema vivente in continuo divenire e in costante relazione con l’ambiente”. Questo passaggio è in accordo con la definizione di salute dell’OMS ma ancor più con le nuove definizioni di salute che la leggono più come un “processo” che come uno “stato”[3] ed evidenzia la sensibilità verso la qualità dell’esistenza dell’uomo, inteso come sistema complesso e interconnesso con l’ambiente e non come sommatoria di parti e pertanto in continuo cambiamento.
“Il corpus dei saperi di riferimento deriva dalle maggiori tradizioni orientali, in particolare quella giapponese, ma essendo fortemente fondata sull’esperienza percettiva, ha il pregio di adattarsi all’essere umano che è in continua evoluzione”. L’origine storica e filosofica dello Shiatsu è di tutta evidenza in oriente, ma poichè si fonda sulla percezione corporea e quindi sull’adattamento, più che sull’applicazione rigida di linee guida e protocolli, lo si può considerare senza confini spazio-temporali.
“Agisce attraverso pressioni su precise zone del corpo”, il ruolo della pressione lo qualifica nettamente rispetto a tutti i massaggi convenzionali, non solo come tecnica bensì ma anche, e forse molto di più, per gli orizzonti che solo una pressione eseguita in un certo modo può raggiungere; “che, a seconda dello stile di riferimento, sono state associate a tutte le funzioni psico-fisiche dell’essere umano”: attraverso una continua integrazione fra percezione e osservazione i padri di questa disciplina hanno ricostruito una fitta rete di relazioni sottili fra precise zone del corpo e specifiche funzioni psico-fisiche; “verso il quale ha un approccio sistemico e non lineare, con l’obiettivo di sostenerne il continuo processo autopoietico di ribilanciamento”: come detto lo Shiatsu sostiene l’individuo nel suo essere un sistema vivente complesso, dotato quindi di una innata capacità di autocura (allostasi e omeostasi), e lo fa agendo direttamente sul livello energetico che la governa.
“L’operatore shiatsu è chiamato quindi a stimolare e a sviluppare le proprie capacità intuitive e percettive, seppure tradotte, grazie ai saperi, in metodiche pragmatiche atte a rispettare l’originalità di ogni singola persona e ad accoglierne i relativi bisogni”: l’operatore deve essere in grado di usare al meglio tutti i propri sensi, a partire dal tatto, ed è in funzione di questo che viene formato, ma allo stesso tempo deve coordinarsi con i saperi della tradizione, calandoli di volta in volta nel caso reale. Il buon operatore perciò non impone una sua speculazione intellettuale all’energia in movimento del ricevente, ma si impegna affinché la sua strategia operativa sia sempre giustificata e legittimata dalle condizioni energetiche del ricevente stesso. Inoltre sa bene di non essere esterno al processo di cura ma di esserne parte integrante, pertanto è guidato in tandem sia dalla sua onestà intellettuale e deontologica oltre che percettiva.
Il successo dello Shiatsu si è costruito nei decenni sull’efficacia più che sull’evidenza.” Questo forse è il punto più complesso, perché dà risalto al fatto che lo Shiatsu, intervenendo sul sistema promuove all’unisono la normalizzazione di infinite variabili, assolutamente non prevedibili né classificabili, ma allo stesso tempo promuove anche la regolazione degli squilibri che si esprimono nei c.d. sintomi emergenti, per cui agisce indirettamente anche su questi. Revisioni della letteratura scientifica hanno concluso affermando che lo Shiatsu è efficace ma sfugge alla ricerca scientifica tradizionale, che si basa sull’evidenza, rendendo difficile un suo inserimento nei programmi sanitari. Ma come abbiamo detto in apertura qualcosa sta cambiando.
[1]N.Barsotti, D.Lanaro, M.Chiera e F.Bottaccioli – La PNEI e le discipline corporee – EDRA Milano (2018)
[2] ibidem pag. 221
[3] The Definition of Health: Towards New Perspectives di Fabio Leonardi https://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/0020731418782653 visitato il 29.01.2019